mercoledì 26 luglio 2017

Cambiamenti

Cambiare significa sempre progredire?
La domanda è molto stimolante.
Probabilmente non c’è una risposta unica. Potremmo rispondere che dipende da un’infinita miriade di condizioni. Ma prima ancora dipende da una visione della storia e della vita che ciascuno possiede, frutto dell’educazione ricevuta, ma anche delle ferite che la vita ha riservato nel corso degli anni.
Se rispondiamo di ‘no’ alla domanda abbiamo una visione statica ancorata alla tradizione. Concepiamo la storia come un continuo ripetersi di eventi: i corsi e ricorsi di vichiana memoria. Questa visione della vita porta a pochi entusiasmi, ad un’amarezza che nulla può sconfiggere, ad un crudo realismo. E ancora ad un distacco (sempre benefico) da cose e persone. E’ il divino che guida gli eventi. C’è una dimensione passiva dell’essere umano che, pieno di paure, subisce. Un fato che determina tutto. Decisioni prese da altri alle quali mi adeguo. Perchè faticare per ricercare un senso o impostare il presente?
Se rispondiamo ‘si’ alla domanda siamo in una dimensione di fiducia nel futuro che comunque riteniamo sempre migliore del passato. Siamo aperti all’imprevedibilità degli eventi, ci sembra di essere più protagonisti, meno ancorati a schemi rigidi che danno sicurezze, ma rischiano di essere obsoleti. Anni fa avevo visto con interesse il film Into the wild. Il protagonista affermava: “La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze, e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in costante cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso“.

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